Monday, April 23, 2007

Alcuni riflessioni personali sulla sessione di laurea 19.04

Cari/e colleghi/e

Voglio, per curiosità, condividere con voi alcuni riflessioni personali intorno al funzionamento di certi pratiche comunicativi nella sessione di laurea in Scienze della Communicazione (veccho ordinamento) di giovedì 19 aprile 2007, per cui sono stato membro supplente della commissione, con la presidenza di prof. Stefano Calabrese. Questa laurea appertiene originalmente alla facoltà di lettere e filosofia, e gestita a Reggio Emilia della Facoltà di Scienze della Comunicazione ed Economia, dove per il momento sono ricercatore confermato in filosofia e teoria dei linguaggi.

Ai membri di questa commissione, in cui, per causa di un'altro appuntamento a Modena nel pomeriggo, e in accordo con il presidente, avevo partecipato solitamente fino alle ore 11.30, ci sono stati inviato tre (3) richieste scritti - tra questi, una dal sottoscritto - chiedendo l'attribuzione di un massimo di punteggi, ed eventualmente la lode, presuntivamente per valorizzare istituzionalmente l'ottima qualità del lavoro svolto dagli tre candidati.

Per causa di questo, e come previsto dal regolamento per i tesi di laurea della facoltà di scienze della comunicazione ci sono stati nominati in seguito dalla facoltà due controrelatori per ognuno delle tre tesi: i nostri colleghi prof.ssa Elena Esposito, prof. Nicolò Addario, e dott.ssa Anna Rita Graziani.

La mia perplessità riguarda in particulare il procedimento della discussione delle due tesi con richiesta punti massimi a cui avevo assistito alla mattinata. La prima era la tesi di Maria Pia Chiesi: "Il piano di comunicazione negli enti pubblici: tra retorica e sperimentazione: il caso del Comune di Reggio Emila", per cui il relatore era Prof. Emanuele Gabardi, con Prof. Maurizio Mercurio come correlatore, entrambi professori a contratto, e la seconda era la tesi di Lucia Barbieri: "Dentro lo sguardo: una indagine semiotica sull'enunciazione fotografica e la questione dell'immagine nell'opera di Luigi Ghirri", per cui io ero relatore.

La mia perplessità deriva del fatto che in entrambe di questi casi, quando siamo arrivato al momento del presunto intervento del secondo relatore durante la presentazione e discussione delle tesi, sia prof. Addario che prof.ssa Esposito hanno semplicemente avvisato la commissione di non avere niente di chiedere ai candidati, cosa che devo dire che mi ha sorpresa, anche riconosciendo il loro diritto personale di scelgere a fare così in questa situazione.

A fronte di questa situazione, che per essere onesto, mi pareva un po' anomala, mi sono spinto a chiedermi esattamente che può essere l'utilità e funzione della nomina di un secondo controrelatore se questi soggetti, alla fine, possono liberamente scelgere di non dare un contributo attivo alla discussione tra le laureande e la commissione?

Cercando una risposta, possiamo ipotizzare che magari il loro ruolo sarebbe quello di essere un tipo di "garanti", per assicurare la correttezza delle procedure, e per controllare in qualche modo che le domande poste degli altri membri della commissione erano sufficientemente acuti e penetrante per la determinazione della postulata eccellenza (o non) del lavoro svolto dei candidati, e, poi, di fare una valutazione "qualitativa" delle presentazione orali in aula dei loro progetti di ricerca?

Ma quest'ultimo compito è in fatti quello di tutti i membri della commissione, che ognuno, con il permesso del presidente, possono anche scelgere a fare una domanda ai candidati, se pensano, per esempio, che qualcosa non è stato speigato in modo sufficientemente chiaro.

Poi, sarà il compito del presidente di assicurare la correttezza delle procedure.

Quindi, rimane ancora aperta la questione di perché in questo caso nessun domanda è stato posto ai candidati dei due secondo controrelatori?

Pensando in modo massimamente "cattivo", possiamo semplicemente ipotetizzare che le richieste di massimi punteggi sulla parte dei relatori non sono stato valutato seriemente dalla commissionefin dall'inizio, e quindi, che la nomina dei controrelatori è diventata solitamente un'atto formale "finzionale", per salvaguardare le apparenze istituzionale in confronto al pubblico e le due laureande, per cui l'atto enunciativo della nomina dei controrelatori sicuramente avrebbe creata alcuni aspettativi e speranze.

Se un'ipotesi di genere sarebbe stato verificato, avrebbe dimostrato una considerevole devalorizzazione /a priori/ delle competenze professionali e giudizi valuatativi dei due relatori ed il correlatore che avevano avanzate le richieste di punteggio.

Naturalmente una cosa un po' embarazzante e sgradevole, se vero questo, perché può anche, al peggio, portare il pensiero verso il famoso fenomeno di "mobbing" collegiale al posto di lavoro su cui si sente parlare spesso oggi.

Ma se la situazione è stato in qualche modo verificato di essere così, che non mi pare di essere il caso in questo contesto, sarebbe stato, secondo me, un problema che deve essere portato e trattato in ben altri forum della nostra comunità universitaria, in modo tranqilo e sistematico, come un sintomo di un malore più generale che riguarda la relazionalità interpersonale e la "cura dell'altro" all'interno nella nostra cultura lavorativa ...

Per quanto riguarda il combattimento di questi tipo di fenomeni sgradevoli ci sono, per fortuna, già istituiti da poco le proprie istanze e strumenti istituzionali per disincentivare lo sviluppo e diffusione di comportamenti interpersonali ed amministrativi di natura incivili e distruttivi, dato che questi spesso hanno effetti molto negativi sia sulla vita quotidiana che nelle relazione interpersonali ed istituzionali del ambito lavorativo, causando spesso un calo di prodottività e senso di dissoddisfazione col lavoro sulla parte dei soggetti "perseguiti".

Ma no, la cosa che penso sarebbe stato molto, molto peggio, secondo me, sarà un'ipotesi (naturalmente impensabile, e assolutamente non empiricamente verificabile in ogni caso) che i due controrelatori non avevano neanche letto le tesi in questione, cosa che, se vero, spiegherebbe molto più facilmente perché questi non avevano niente di chiedere ai candidati...

Nel caso in cui questo sarebbe stato verificato come l'ipotesi vincente - cosa che contrasto assolutamente, conoscendo la forte integrità personale e professionale delle due colleghi precedentemente nominati - sarebbe naturalmente stato un sgradevolissimo e scorrettissimo trattamento delle due laureandi in questione, sia dal punto di visto etico che istituzionale.

Un'ultima possibile ipotesi per spiegare il comportamento dei due controrelatori può naturalmente essere che entrambe erano così convinto della indiscutibile ed ecezzionale qualità dei due tesi sotto discussione, che hanno aggiudicato di non essere necessario la loro intervenzione durante la discussione.

Ma quest'ultima ipotesi non è stato verificato da loro raccomandazioni di punteggio alla commissione durante la valutazione interno finale.

Quindi alla fine, almeno per me (e apprezzerò eventuali commenti personali da voi altri colleghi su questo punto), rimane sempre la preoccupazione che la mancante partecipazione dei controrelatori nella discussione di questi tesi può essere stata interpretata in modo negativo, non solo dal pubblico, ma, e ancora peggio, dalle due laureande in questione.

Dico questo particolarmente perchè che so molto bene che entrambe questi persone, che conosco personalmente da tanto tempo, hanno messo tanta energia e coinvolgimento nel loro lavoro di ricerca e di scrittura. Ma non solo: so anche che entrambe di loro hanno lavorato tanto (una a proprio pieno tempo) durante i loro studi universitari, e anche durante il lungo percorso finale verso la stesura della tesi, cosa che, nei miei occhi, aumenta ancora di più la qualità e merito "empirico"/ oggettivo delle loro prestazioni, che, solo in parte, sono stato riconosciute e verificate dai voti finali concessi ad entrambe candidate dalla commissione.

Chiudo ora, quindi, questi miei riflessioni "pubblici" con un caldo ringraziamento a tutti interessati per la vostra attenzione, sperando che "l'esposizione" del mio pensiero così, in modo "ipotetico" e speculativo, può aver motivato anche alcuni riflessioni vostri - ma primo di tutto di aver contribuito di facilitare una continua "conversazione" tra noi, sempre più ampio ed aperta per quanto riguarda le questioni spesso molto impegnativi come: "chi valuta chi?", "che cose valutiamo?" e "come faremo la valutazione?" nel, e DEL sistema complessivo di alta formazione e ricerca in Italia.

La questione della valutazione e il graduale sviluppo della qualità nel nuovo mondo che l'università e la ricerca stanno a fronte qui in Italia ed in Europa, è un oggetto di ricerca molto complesso in se stesso, e di grandissimo rilievo politico, economico e sociale per il paese, e per la comunità scientifica europea/ internazionale in generale, che, per ottenere il massimo effetto positivo, in termini di una svolta significante verso una propria "cultura della qualità", richiederà una continua partecipazione massicia ed attiva di TUTTI possibili "stakeholders" appartenenti alla comunità di università e ricerca: i colleghi, i studenti, le loro famiglie e tutta la società civile - di tutti tipi e genere di soggettività sociale, di tutti soggetti istituzionali, convinzioni religiosi, politici, disciplinari e personali ...

Un caro saluto e buo lavoro, e mi scusi per favore per tutte le miei eventuali carenze particolari, non solo quelli di carattere linguistica ... ma anche altrimenti ...

Buona domenica a tutti

Patrick